lunedì 28 dicembre 2009

Editoria a pagamento.

Oggi mi va di fare il serio.
Sinora ho usato il blog solo per parlare di cose che più o meno mi divertono, in maniera sempre scherzosa. Vi ho parlato di film, cartoni animati, vi ho raccontato e vi racconterò ancora di Krottle, che spero vi diverta. Però oggi no.
Oggi voglio prendere in mano un argomento un po'più serio.
Nel campo dell'editoria è qualcosa contro cui il principiante si imbatte sin troppo di frequente, spesso dietro false promesse e sempre con risultati infausti per lui. Si tratta dell'editoria a pagamento.

Un editore serio e onesto non chiederà mai un compenso da parte dell'autore per pubblicare un lavoro, libro, fumetto, poesia o raccolta di racconti che sia. Mai, in nessun caso e sotto nessuna circostanza.
Se io autore volessi pagare per pubblicare una mia opera, mi rivolgerei privatamente a una tipografia.
Il rapporto tra editore e autore è un rapporto di lavoro puro e semplice. Quando andiamo da un editore a proporre i nostri lavori non stiamo facendo un favore all'editore stesso e lui non fa un favore a noi pubblicando la nostra opera. Entrambi intendiamo guadagnare dalla collaborazione.

Non esiste il discorso di pagare una tassa di pubblicazione, né di acquistare preventivamente un certo numero di copie dell'opera. Si deve pensare a questo come a un lavoro in tutto e per tutto, perché di fatto lo è. Nessuno, andando in ufficio, si aspetterebbe mai di dover contribuire di tasca propria a pagare lo stipendio al principale. E, se anche qualche capo ufficio fosse così folle da avanzare la proposta, gli verrebbe prontamente consigliato un buon ospedale psichiatrico in cui ritirarsi a tempo indeterminato.
Lo stesso discorso vale nel rapporto autore-editore. L'editore fornisce un compenso all'autore per poterne pubblicare l'opera e guadagnarci sopra. Questa è anche una forma di garanzia della qualità delle opere pubblicate: se l'editore sa già di coprire i costi con l'acquisto da parte dell'autore di tot. libri, il suo rischio è pari a zero e può permettersi di pubblicare materiale di scarso valore. Il suo guadagno sarà già garantito.
Se invece l'editore deve mettersi in gioco per vendere abbastanza da coprire i costi, allora starà lui per primo più attento al materiale proposto e, quando deciderà di pubblicarlo, sarà perché crede al valore, e quindi alla commerciabilità, dell'opera.

Ora, il professionista queste cose le sa e le evita: lui deve arrivare a fine mese con le bollette e la zuppa calda nel piatto. Non si sognerebbe mai di pagare per la pubblicazione di una propria opera, esattamente come l'operaio non si sognerebbe mai di pagare il biglietto d'ingresso al cantiere in cui lavora.
Purtroppo i principianti spesso queste cose non le sanno, oppure ritengono che sia uno scambio equo accettare di pagare pur di vedere pubblicata la propria opera. Non lo è, anzi, è assolutamente inaccettabile: è una fregatura (doppia, perché legalmente non sarà nemmeno una truffa) nei confronti dell'autore, perché solo lui alla fine potrà rimetterci (cosa che avverrà quasi certamente).
Attenzione!
Attenzione a cosa? A quello che firmate: occhio che nessuna clausola di contratto includa l'acquisto del materiale stampato, anche solo in parte. A volte chiedono l'acquisto del materiale rimasto invenduto. Attenzione a non finire a dover versare improbabili tasse per veder pubblicato il vostro lavoro. Attenzione, insomma, a dove mettete la vostra firma, perché, una volta messo tutto nero su bianco, sarete obbligati a ottemperare.
Inoltre una simile manovra non è garanzia di qualità della vostra opera: come si è già detto, il rischio dell'editore è pari a zero, perché gli avrete già coperto voi i costi di produzione e tutto il resto per lui è guadagno, mentre voi dovrete coprire per prima cosa le vostre perdite e sarete fortunati (molto fortunati) a chiudere in pari. Se l'editore non rischia nulla, non gli interessa che l'opera sia anche di buona qualità.
Perché? Perché, come detto sopra, ed è un concetto che tutti i principianti (me compreso) devono fissarsi bene in testa, si tratta di un rapporto di lavoro. Ci può anche essere una parte di aspetto più romantico, cioè l'editore si "innamora" dell'opera e si adopera con tutto sé stesso per vederla pubblicata.
Ma questo accade di rado: l'editore è un professionista e come tale guarda con occhio professionale alle opere che pubblica. Se pubblica un'opera è perché in essa vede una possibilità commerciale, un guadagno per sé. Ed è così che deve essere, anche per tutelare la qualità, a vantaggio sia dell'autore (che riceve fama da un'opera meritevole), sia del lettore.

Il consiglio che mi è sempre stato dato e che sento dare ai principianti come me è di essere pazienti. Essere un autore di professione significa mettersi costantemente in gioco, il che comporta inevitabilmente l'andare incontro a rifiuti e fallimenti.
Non conta il non fallire mai.
Conta il rialzarsi dopo ogni fallimento, conta la crescita dopo ogni rifiuto.
Accettare di pagare per vedere pubblicato il proprio lavoro può sembrare accettabile. Si è lavorato tanto, magari, su un romanzo, sicuramente mesi, probabilmente anni, e un rifiuto può far male. Ma da quel rifiuto si può crescere: il prossimo lavoro sarà migliore, se si avrà l'umiltà di riconoscere il proprio status "acerbo". La pubblicazione per merito implica un costante miglioramento per essere ottenuta. Essere pubblicati perché si è pagato per ottenere il privilegio, non richiede nessuno sforzo, non produce nessun miglioramento.

In conclusione: attenti sempre a che tipo di contratto vi viene offerto. Se tra gli obblighi è prevista una qualche forma di pagamento da parte vostra, una "tutela" per l'editore, l'acquisto di tutte le copie (o di parte di esse) e via discorrendo, la soluzione è una e una soltanto: ci si alza, si saluta cortesemente e si imbocca la porta, perché avremo perso soltanto tempo. Il nostro lavoro merita di finire in ben altre mani.

Qui potete trovare un analogo articolo, scritto più di un anno fa, direttamente dal blog dell'amico e collega Sergio Badino. Grazie Sergio della segnalazione!

venerdì 25 dicembre 2009

E' Natale!!! O, meglio, lo era!

Eh, già, spero che siate tutti ben pasciuti di dolciumi e delizie.
Buon Natale a tutti quanti!

martedì 24 novembre 2009

Eroi, spalle e villain... tutto a colori!

Ed eccoci a una altro appuntamento con il nostro (per ora uso un plurale maiestatis, con l'augurio che diventi effettivo, in futuro) beniamino Krottle.
Nell'attesa di potervi offrire qualche sua avventura (cosa che, spero, avverrà in tempi ragionevolmente brevi), vediamo di continuare a seguire l'evoluzione grafica dei personaggi.
Al nostro ultimo appuntamento con questo erculeo buzzurro, abbiamo potuto assistere al cambio di stile rispetto a quello degli esordi (che già era un'elaborazione di versioni precedenti). Vi ho presentato la nuova versione di Krottle, studiata da Federico, lasciando escluso Flogisto.
Per fare ammenda, non solo vi riproporrò quest'ultimo Krottle, ma anche il nuovo Flogisto e un villain che dovranno affrontare in una delle loro prime avventure. E dato che io e Federico ci siamo voluti rovinare (non è vero, tutto il lavoro l'ha fatto lui!), le tre immagini saranno a colori!

Krottle il Barbaro nasce infatti, nella mia mente contorta, come progetto a colori. Quando visualizzo le storie di Krottle, mi viene automatico pensarle a colori. Inoltre quando ci son di mezzo i "fuochi artificiali", cioè le magie (e saranno tante!), il colore rende meglio.

Non vorrei trovarmi fra quella spada e nessun'altra parte!

Flogisto è un personaggio a cui sono molto affezionato: è facile ammirare Krottle, perché riesce a fare un sacco di cose che noi, gente comune, di solito non facciamo (e se le facessimo, saremmo criminalizzati). Tanto per cominciare nessuno gli dice che cosa deve fare perché, semplicemente, nessuno ne ha il fegato e, particolare di non secondaria importanza, se anche qualcuno raccimolasse il coraggio, lui non capirebbe.
Altra cosa: Krottle gli ostacoli che incontra non li aggira, non si scervella su come fare a evitarli, su come impedire che gli complichino la vita. Li prende a pugni. Nella sua filosofia, la vita non presenta problemi che non siano risolvibili a mazzate.
Flogisto d'altro canto è un pensatore per necessità: lui non è un ragazzone palestrato, non ha muscoli a consentire un beato riposo alle sue cellule cerebrali. Lui i problemi non può risolverli a mazzate, casomai il contrario.

Mi piace molto come il mantello sembri "pesare" sulle gracili spalle del nostro Flogisto.

E come tutti i good guys che si rispettino, Krottle e Flogisto si troveranno ad affrontare i più disparati ostacoli, nonché sarà loro compito mazzuolare per bene i vari cattivoni che incontreranno per la strada (ci sono cose che un bravo ragazzo deve saper fare: se all'attraversamento pedonale incontra una cara vecchietta, la aiuta ad attraversare, se incontra un demone assassino, lo deve riempire di botte. Vien da chiedersi che cosa dovrebbe fare se davanti alle strisce pedonali incontrasse una vecchia strega malefica...).

Non ha l'aria di una vecchia strega, quindi via libera!

Questo demone al momento attuale non è un vero villain, ma un semplice lacché (benché tosto), che Krottle affronterà in una delle sue prime avventure, che spero di potervi proporre presto su questo stesso blog.

Bene, per oggi è tutto, non mi resta altro da fare, se non complimentarmi ancora una volta con Federico Franzò per l'eccellente lavoro e salutarvi tutti. Arrivederci alla prossima!

martedì 10 novembre 2009

Altre succose anticipazioni

Chi si ricorda Masters of the Univers con Dolph Lundgren? Era il 1987, piena epoca Schwarznegger, He-Man andava ancora forte e la Hollywood dei muscoli rigonfi ci regalò una pellicola interamente dedicata all'eroe della Mattel.
Il biondone Lundgren era la scelta perfetta per il ruolo.

Oggi He-Man sembra essere passato decisamente di moda, ma è anche l'epoca dei remake: si fanno remake di tutto, i soggetti originali sembrano essere scomparsi nella foschia del mito. Tra i vari remake di film, libri, fumetti e telefilm, era solo una questione di tempo prima di vedere Greyskull in programma per il 2011.
IMDb non ci regala altro particolare che questo: è in fase di sviluppo, tanto ci basti. Non si hanno notizie di possibili attori, possibili autori, possibili registi. Nulla.
C'è ovviamente una buona possibilità che il progetto si concluda in un nulla di fatto. Anche con l'amico google si ottengono ben poche informazioni: pare che il film verrà sfornato (se verrà sfornato) dai capannoni della Warner Bros (fonte). Sono aperte le scommesse per l'attore che dovrà ricoprire il ruolo.

Che dire, speriamo in bene. Il bambino che è in me (quello che fa merenda a pane e nutella) annusa speranzosamente l'aria.

Ecco Dolph Lundgren come ci appare nella pellicola dell'87.
Come tutte le cose in stile anni '80 si può notare un certo gusto per lo stile rock star sado-maso.

mercoledì 30 settembre 2009

I Buoni Presagi di Gaiman e Pratchett

Ora, come scopre chiunque parli con me per più di 5 minuti secondi, una delle mie grandi passioni è la letteratura detta Fantasy, branca che, nel corso della sua esistenza dalla sua creazione ha, ahimé, visto uno dei più smodati e irresponsabili utilizzi dei cliché creatisi nel tempo.
Un autore che, come Pratchett in "Guards! Guards!", prenda questi cliché e li sbrindelli in una storia divertente e veloce, uno di quei libri di difficile lettura non tanto per il linguaggio usato, ma piuttosto per lo scomodo fatto di doversi interrompere di tanto in tanto per placare risate convulse, ebbene, un autore come lui non poteva che andare dritto nella mia top ten, sin da quando, durante una delle mie frequenti passeggiate senza meta in libreria, ho per caso preso in mano "Guards! Guards!" e ne ho letto le cinque righe di introduzione.
Con Gaiman l'approccio è stato differente. Per la precisione avvenne in un'aula della facoltà di Bologna (uno dei tanti atenei presenti in città), dove era stato organizzata questa conferenza tenuta da Gaiman stesso. Era il 2002 o il 2003 e ancora non avevo mai letto nulla di suo. Per farla breve la conferenza fu talmente interessante che la sera stessa, sul treno di ritorno verso Genova, mi bevvi tutto Coraline, apprezzandolo immensamente.
Ebbene, se due personaggi così si mettono insieme, il risultato non può essere poi tanto pessimo.
Di "Good Omens" non ne avevo mai sentito parlare, ma, trovandomi in Norvegia alla vigilia del rientro (che si prospettava essere una lunga giornata passata a un sacco di metri dal suolo o su qualche sedile dell'aereoporto di Monaco), ho pensato che una lettura avrebbe potuto farmi comodo.

Di che parla "Good Omens"? Ma della fine del mondo, è ovvio. L'assunto da cui parte il libro è che l'Armageddon è alle porte, il Figlio di Satana è nato e deve essere scambiato con un altro bambino, perché possa essere segretamente educato per adempiere il proprio destino. Fin qui tutto ok, se non che, al momento dello scambio delle culle ci si incasina e si perdono le tracce del satanico infante... Che succederà?
Un sacco di cose buffe e divertenti.

Questo romanzo è popolato di personaggi divertenti e ben delineati, che danno il via a un carosello di avvenimenti capaci di tenerti incollato alle pagine, spesso anche con il fiato sospeso, facendoti ridere a crepapelle. Si tratta di un'esperienza mistica quanto può essere mistico il dolore dei crampi da risate, misto al fatto che non vuoi fermarti per riprendere fiato, bensì andare avanti nonostante le pareti addominali implorino decisamente pietà. Non mistico quanto camminare sui carboni ardenti, ma abbastanza.

Dal punto di vista tecnico, la trama funziona come un orologio: tutti i personaggi hanno una loro funzione (non ci sono personaggi che stanno lì for the fun), che assolveranno entro la fine del romanzo. Chi più chi meno. Il tutto va a formare una lettura non banale da seguire, anche se a tratti può sembrare il contrario e anche se si capisce, o si crede di capire, come andrà a finire, rimane sempre il dubbio: con due come Pratchett e Gaiman può succedere di tutto e il contrario di tutto ed è questo che ti tiene incollato lì, in attesa del Giorno del Giudizio...

Un acquisto consigliatissimo. Se riuscite a mettere le mani sulla versione in lingua originale, come ho fatto io, ne guadagnerete: in primo luogo perché la traduzione non è quasi mai un valore aggiunto (anche quando è fatta bene - ed è difficile che lo sia, ma di questo magari ne riparliamo un'altra volta - si perde inevitabilmente qualcosa), in secondo luogo, se siete appena un po'più di un minimo familiari con la lingua inglese, apprezzerete senza dubbio le centinaia di giochi di parole e di doppi sensi utilizzati dagli autori.
Ora basta, vi lascio ai Quattro Cavalieri dell'Apocalisse, che sono Morte, Guerra, Fame e Inquinamento (essendosi Pestilenza ritirato appena dopo la scoperta della pennicillina). A presto!


Il libro, in versione originale, nelle due differenti copertine disponibili.
Io possiedo quella bianca e, stranamente, ha già assunto un aspetto vissuto.*

* - Qualunque libro da me posseduto, rimane in genere perfettamente preservato, a prescindere dal fatto che io lo porti con me in viaggio o meno. La teoria dei due autori in merito a questo particolare romanzo, però, è che finisca magicamente per essere tenuto assieme col nastro adesivo e, per la miseria, comincio a crederci.

mercoledì 23 settembre 2009

Altri eroi d'infanzia....

Non so voi, ma io da bravo bambino in età pre-scolare durante i cotonatissimi anni 80 mi sono fatto scorpacciate e scorpacciate di A-Team. Erano il mio telefilm preferito, con quei quattro eccellenti personaggi (io volevo sempre fare P.E., ma non me lo lasciavano mai fare, in compenso ero Sberla e un mio amico era il Murdock perfetto, anche nella realtà!).

Negli anni la TV ha continuato a proporli, sempre di mattina, quindi non potevo guardarli sempre perché dovevo ovviamente andare a scuola, così ne approfittavo quando stavo male o durante le vacanze. Sveglia alle 8 del mattino, alle 9 appuntamento con Hazzard, alle 10 Starsky & Hutch (o McGyver), alle 11 A-Team.
Che divertimento, quando costruivano armi straordinarie con pezzi di scarto presi nei posti più improbabili (e i cattivi, ogni volta che li catturavano, li chiudevano sempre dove loro potevano trovare qualcosa di utile per sconfiggerli!).

Ebbene, a volte ritornano. Una Hollywood sempre più povera di soggetti originali (per non dire priva...), che già da anni rispolvera, con discreto successo, le vecchie glorie della TV passata, non poteva esimersi dal rinvangare questo quartetto di veterani ingiustamente perseguitati, che se ne vanno in giro per l'America a risolvere i problemi della brava gente e a far sì che i cattivi la paghino, senza mai uccidere nessuno, perché altrimenti non sarebbero i buoni.

E così, secondo imdb, nel 2010 dovrebbero approdare sul grande schermo. I personaggi sono sempre loro: il mitico John "Hannibal" Smith, geniale capo del gruppo ed estimatore di sigari e piani ben riusciti, impersonato dal compianto George Peppard; Templeton Peck (detto Faccia da Sberle o semplicemente Sberla), istrionico marpione, i cui panni erano indossati da Dirk Benedict; Bosco "B.A." Baracus (dove B.A. sta per Bad Attitude, tradotto in P.E. -Pessimo Elemento- in italiano, non propriamente una traduzione letterale, ma una buona traduzione e, soprattutto, una traduzione a cui sono rimasto affezionato), che è la forza bruta del gruppo, aveva il volto nero e incazzato di Mr.T; infine "Howling Mad" Murdock, Murdock il Matto, pilota eccezionale e pazzo "noto e certificato", aveva il volto dell'attore Dwight Schultz.

Ovviamente i volti sono cambiati: Liam Neeson sarà Hannibal, Brad Cooper, invece, Sberla, B.A. verrà impersonato da Quinton Jackson, ex campione di arti marziali, mentre si vocifera che la parte di Murdock debba andare a Sharlto Copley.

Volti nuovi, ambientazione nuova. Eh sì, perché se negli anni '80 un veterano era per forza un veterano del Vietnam, oggi si cambia: l'A-Team sarà reduce dalla guerra del Golfo, più attuale e sentita.
Detto questo non si può che parlare dei dubbi che un tale progetto instilla nella mente del fan come me.
Che dire, vedremo? Vedremo.


L'A-Team originale. Mitici!

sabato 1 agosto 2009

Un eroe rozzo.

Vi ho già parlato di Krottle il Barbaro. La sua natura di progetto in fieri, ovviamente, permette variazioni e aggiustamenti, per arrivare a un prodotto finale migliore di come non sia stato pensato inizialmente.
A questo giro si tratta di un vero e proprio restyling grafico, un rinnovamento da parte di Federico Franzò alla ricerca del look giusto.
Ma basta parole: l'immagine che vedete qui sotto parla da sé: non sappiamo ancora se sarà questo il Krottle "definitivo", ma mi sento di dire che siamo proprio sulla buona strada!

Ed ecco qui Krottle nel suo nuovo look

Copyright © Panini-Franzò

giovedì 23 luglio 2009

Iron Man 2


Qui risulta che l'uscita sia prevista per l'anno prossimo.
La prospettiva mi fa ben sperare, assieme ai nomi che vedo.
Il primo film mi ha lasciato un'impressione positiva, con una trama ben curata, non eccessivamente complicata, ma d'effetto. Personaggi ben delineati e ben utilizzati.
Dopo il fiasco di X-Men 3, fu Iron Man a farmi pensare che, pian piano, la Marvel stava prendendo le misure giuste per i suoi film, cosa che, tra l'altro, è stata confermata con lo Hulk interpretato da Norton.
C'è da sperare che mantengano le promesse e non ci deludano.

domenica 19 luglio 2009

Eroi d'infanzia.

Per il potere di Greyskull!

Più o meno tutti i bambini della mia generazione sono cresciuti con svariati cartoni animati oggi passati alla storia. Era l'epoca dei robot giganti come Voltron, Mazinga Z, Daitarn III e, ovviamente, dei Transformers, quasi tutti legati ad almeno una linea di giocattoli.
La Mattel in questo era specializzata: le serie animate venivano prodotte in parallelo alle linee di giocattoli e spesso in funzione di essi.
Chi non ricorda He-Man?
Non poco influenzato, nella figura dell'eroe guerriero, da Conan il Barbaro, anche se dotato di poteri che lo avvicinano di più a Superman, He-Man ha i suoi natali televisivi nel 1982, con una serie animata, prodotta dalla Filmation, il cui scopo era reclamizzare la linea di giocattoli prodotta dalla Mattel. Fu un successo straordinario, che andò avanti fino alla fine degli anni '80, dando vita allo spin off She-Ra, controparte femminile di He-Man, dall'esito però fallimentare, in quanto tentava di vendere lo stesso prodotto di base a un target non adatto: quello femminile.
Io con He-Man ci sono cresciuto, è stato l'idolo della mia infanzia. Era divertente creare storie sempre nuove con i pupazzetti, nascondere Adam da qualche parte quando si gridava "Per il potere di Greyskull! A me il potere!" e si tirava fuori quello di He-Man (del resto era una questione di coerenza: sono la stessa persona, non possono comparire assieme nello stesso momento!). Sì, già all'epoca si poteva capire il lavoro che avrei fatto da grande (sebbene, all'età di quattro anni, giuravo che sarei stato, ovviamente, un astronauta! O un inventore, a seconda della giornata).
Insomma, He-Man fu un successone, che si tentò di tenere vivo anche negli anni '90, con trovate di scarso valore, che portarono il personaggio a essere dimenticato per quasi dieci anni, fino al 2002, quando venne prodotta una nuova serie animata, in cui i personaggi classici venivano rivisitati e ammodernati, ma non snaturati, come invece era stato fatto nel decennio precedente.
Lo scopo, per la Mattel, ed è stata, alla fine, la rovina della serie, era sempre quello di far vendere la linea di giocattoli, che però non ebbe il successo sperato e, nonostante la serie fosse molto apprezzata dai fan di vecchia data, venne sospesa circa a metà della seconda stagione, uccidendo un eccellente prodotto.

Dico eccellente perché questa nuova serie, nonostante certe ingenuità narrative e nonostante fosse talvolta palesemente un mero veicolo pubblicitario, alla fine aveva il merito di riprendere i personaggi degli anni '80 e dar loro nuovo spessore, assieme a storia personale e coerenza.
Per esempio: chi non si è mai chiesto perché nessuno si accorgesse mai che He-Man e Adam avevano esattamente la stessa corporatura, la stessa faccia e lo stesso taglio di capelli? Alla fine le differenze fra He-Man e il principe di Eternia erano la tonalità della pelle (He-Man andava più spesso in spiaggia ed era più abbronzato) e la quantità di vestiti indossati (Adam, più timido, non amava esibire il suo fisico da culturista).
Io me lo chiedevo sempre.

Nella serie del 2002, Adam è un ragazzino di sedici anni, abbastanza prestante, ma tutto sommato poco credibile come eroe. Soltanto quando si trasforma e diventa He-Man ha il corpo di un adulto (e pure qualche decina di chili di muscoli in più rispetto al classico He-Man). Certo, rimane sempre un'ingenuità che nessuno mai si faccia venire il dubbio che ci sia sotto qualcosa di strano, ma almeno abbiamo una giustificazione logica sotto: ok, Adam non è mai presente quando c'è He-Man, ma almeno non sono ciascuno la fotocopia dell'altro!
Ma questi sono dettagli.
La cosa più straordinaria della serie era il livello di approfondimento della storia: scopriamo che Randor non è sempre stato re di Eternia e che in passato ha combattuto contro Keldor per impedirgli di acquisire il potere e che è a causa sua se Keldor è adesso conosciuto come Skeletor. Non è un background di poco conto, anche perché influenzerà più di un episodio successivo.
E non finisce qui: Eternia ottiene finalmente il privilegio di una geografia ben precisa, di popolazioni differenti e, fra le citazioni e le strizzatine d'occhio alla vecchia serie, c'è il posto per una sottotrama ben più approfondita.
La maggior parte degli episodi è strutturata in maniera classica: un one-shot in cui Skeletor formula un piano per attaccare il Castello di Greyskull, ma che, come tutti i suoi piani, verrà sventato grazie alle qualità dei difensori di Eternia (una cosa ripresa dalla vecchia serie: la lezione educativa all'interno della trama, che non è una cosa da disprezzare; gli eroi possono essere imitati in negativo, come sostengono le spesso troppo invadenti associazioni dei genitori e a cui troppo spesso si dà credito, ma questo allora vale anche per il positivo, no?).
In più, di tanto in tanto, ecco saltare fuori la trama coi controcazzi: Eternia è un mondo popolato da antichi nemici, con una storia di epiche battaglie. E noi scopriamo che esistono gli uomini serpente di King Hiss (già presenti nella serie originale, ma privi del carattere autonomo e malevolo datogli in quella più recente). Evil-Lyn trama per soppiantare Skeletor. Incombe la minaccia del ritorno di Hordak, antico maestro di Skeletor, di cui originalmente era una mera controparte per le avventure di She-Ra e, tutto sommato, un personaggio abbastanza insignificante, ammantato in questa serie di una ben maggiore aura di potere e malvagità: un cattivo di tutto rispetto.

Insomma, poco più di un anno di vita e questa serie televisiva è stata interrotta perché l'obbiettivo vendite dei giocattoli non era stato raggiunto. Un vero peccato, perché, libera dalle necessità di Merchandising e mirata più esplicitamente ai fan, questa serie animata avrebbe potuto dare grandi soddisfazioni, mentre siamo costretti a un vero e proprio coitus interruptus che chiude la narrazione proprio quando Hordak sta per fare la sua entrata in scena.
Un grandissimo peccato.


La serie 2002 con i personaggi rivisitati.

Trovate la nuova serie di He-Man completa su YouTube, basta cercare "He Man" seguito sa numero stagione e numero apisodio. Per esempio: "He Man S1E1".
Ogni episodio è stato suddiviso in tre parti, credo per mantenere una buona qualità video.

Che dire... Until the next time!

domenica 5 luglio 2009

Transformers 2 - Quando la trama va per i fatti suoi


Come si evince dall'immagine, parleremo di Transformers 2. Manco a farlo apposta abbiamo appena parlato di sintesi, cercando di apprendere dalle stupende tavole di Mike Mignola.
Questa volta mi piacerebbe cercare di parlare di nuovo della sintesi (tra le altre cose), partendo però non da un esempio positivo, bensì da uno negativo: Transformers 2, appunto.
In breve, la trama ha due filoni principali: da un lato i cattivi (Decepticon) vogliono distruggere l'umanità, mentre i buoni (Autobot) la proteggono. Dall'altro c'è la situazione sentimentale fra Sam e Michela.
Nulla di eccessivamente complesso né originale, ma io sono del parere che, gestita bene, anche la più classica delle trame è avvincente.
Non è questo il nostro caso.
Tanto per cominciare, essendo questa la trama, tre ore (suppergiù) di film fanno sentire puzza di bruciato.
Infatti, uscendo dal cinema, viene da chiedersi se fossero proprio tutte necessarie; non sarebbe stato il caso di togliere qualcosa, magari?
Di sintetizzare meglio?

Transformers è piagato da tutta una serie di divagazioni che rallentano eccessivamente la storia, senza portarci di un passo più vicini alla soluzione, né un passo più lontani. Intere scene sprecate su personaggi secondari, addirittura poco o per nulla interessanti, con il solo intento di cercare la risata.
Male: si sacrifica l'efficacia della trama per il "bene" di personaggi inutili, di cui tra l'altro il film è pieno zeppo. Qui, purtroppo, ci sarebbe da fare un discorso a parte: l'unico personaggio a modificare l'andamento della trama è, alla fine, solo Sam, il protagonista. Non abbiamo né degni antagonisti (capaci solo di limitarsi alle trite e ritrite frasi minacciose), né degni comprimari. Fa tutto il divo Shia LaBoeuf.
Tanti -troppi- dei Transformers che vediamo si limitano a essere lì, puramente perché la Hasbro (non a caso nei titoli di testa compare "in collaboration with Hasbro") produce la serie di giocattoli. Siamo d'accordo: il merchandising è l'anima del guadagno sui film, ma cerchiamo di non rendere le cose così smaccatamente ovvie, per favore.
Numerosissimi sono i personaggi di cui si perdono semplicemente le tracce: accompagnano -senza fare nulla- il protagonista e poi, semplicemente, nel finale vengono dimenticati.
Sono errori che uno si aspetta di ravvisare nel lavoro di un principiante al suo primo soggetto.

Abbiamo anche un personaggio che è un deus ex machina, peraltro inutile: il compagno di stanza che, guarda caso, conosce l'unica persona sul pianeta in grado di tradurre il linguaggio dei Transformers e può portare Sam e Michela da lui. Un chiaro esempio di deus ex machina: un problema risolto con un intervento ad hoc dall'alto. Ho detto che si tratta di un deus ex machina inutile perché, questo traduttore che ci deve essere presentato è John Turturro, che già Sam aveva incontrato nel precedente film: non c'era bisogno di un nuovo personaggio per farlo entrare in gioco, perché Sam lo conosce già.
Assolto, nemmeno a metà film, il suo compito di deus ex machina, questo personaggio rimane quindi in scena senza più agire, limitandosi a urlare di terrore.
Viene giustamente da chiedersi perché si sia sprecato tempo narrativo su questi personaggi. Quando un personaggio finisce di essere utile alla trama deve uscire dalla storia. Non è ammissibile che rimanga presente senza fare nulla: il tempo dedicato a lui toglie spazio alle cose interessanti.

Purtroppo la carenza di sintesi non è l'unico problema del film: abbiamo passaggi privi di qualunque logica, passaggi narrativi troppo forzati, che annullano la suspension of disbelief, le soluzioni ai nodi di trama sono semplicistiche e mal gestite, al punto da chiedersi: "Se è sempre stato possibile fare così, perché non farlo subito?"

Alla fine il film si riduce a essere una sequenza di scene d'azione confuse, difficili da seguire e tenute assieme con il nastro adesivo, intervallate a lunghissime e inutili scene comico-demenziali piene di parolacce e varie volgarità gratuite che possono divertire solo il pubblico più ingenuo.

Transformers 2 è quello che un professionista non dovrebbe mai fare: è un esempio eclatante di mancanza di rispetto e considerazione verso il pubblico. Con questo non voglio fare discorsi roboanti né idealisti, ma, più semplicemente, dire che la fonte di guadagno di uno sceneggiatore è il pubblico (anche indirettamente, attraverso i compensi delle case editrici) ed è stupido trattare male chi ti permette di avere introiti. Ovviamente questo è un discorso applicabile non solo al mio campo, quello degli sceneggiatori, ma a qualunque altro ruolo legato alla creatività.

Bene, con questo chiudo, per oggi.
Hasta luego!

sabato 4 luglio 2009

Sintesi e modem capricciosi


Nella vita capitano cose strane. Come, per esempio, che, chiedendo il rimborso per un modem difettoso, ci si senta dire che non sarà possibile riavere indietro il denaro, ma si potrà invece ricevere qualunque altro prodotto in vendita fino a coprire il costo del pezzo restituito.
E se il negozio in questione, oltre al reparto informatica, ha anche un reparto fumetti, magari decidi di colmare una tua grave lacuna fumettistica e farti una scorpacciata da 80 euro di Hellboy.
I vantaggi? In primo luogo un fumetto non entra in conflitto con nulla di nulla, non ha una scheda madre con cui non andare d'accordo, non ha cavi, non causa la caduta di santi e contro-santi nel tentativo di farlo funzionare: fa da sé. La cosa più grave che ti possa succedere è dimenticarti di cenare perché sei catturato dalla lettura e, con i lavori di Mignola, questo è un rischio da tenere decisamente presente.

Ovviamente non sto parlando dei fatti miei a caso, ma per introdurre un argomento ben preciso.
La sintesi.
Che cosa c'entra ora la sintesi con tutto quello che si è detto finora?
Abbiate pazienza, ci arriviamo.
Ebbene, la sintesi (come mi ha insegnato Sergio Badino quando, a cavallo fra il 2004 e il 2005 seguii il suo master in soggetto e sceneggiatura, che ha rappresentato, per me, l'inizio del cammino) è un concetto che a uno sceneggiatore deve entrare bene in testa sin da subito: non ci è concesso sprecare spazio inutilmente e, a volte, anche una vignetta può essere di troppo.
Quando, per raccontare una storia, hai a disposizione quattro tavole, ovviamente non puoi perderti in troppi rigiri. Devi dire tutto quello che c'è da sapere, facendo sì che, per giunta, si tratti di cose comprensibili senza sforzo da parte del lettore (non sta a lui colmare le lacune delle nostre storie, ma a noi: quando, come lettore/spettatore mi trovo a dover fare ipotesi sul "come", perché la storia non mi ha fornito nessun elemento, allora c'è qualcosa che non va nella storia).

Regola n°1: niente Divine Commedie.
Regola n°1 bis: niente voli pindarici.

Ed è qui che serve la sintesi, cioè il saper individuare i "nodi" della nostra storia e focalizzarsi su quelli.
Ed è qui che, finalmente, arriviamo al Maestro Mignola.
La storia "Il Cadavere" (contenuta nell'albo n°3, "Hellboy - la Bara Incatenata e Altre Storie" edito in Italia dalla Magic Press), oltre ad avere uno straordinario sapore di fiaba celtica, è uno sfoggio di stupefacente abilità sintetica. Leggendo l'introduzione di Mignola stesso all'episodio, infatti, veniamo a sapere che la storia fu originariamente pensata per una pubblicazione di due tavole per numero.
La sfida, vinta, è stata quella di far quadrare la storia a botte di due tavole alla volta. In ogni coppia di tavole, dice Mignola, doveva succedere qualcosa di interessante. Alla fine, la storia è composta di tanti "mini episodi" in cui Hellboy ogni volta avanza di un passo verso la soluzione della vicenda. Una serie di minuscoli archi narrativi, completi, nel loro piccolo, di incipit, corpus e desinit, cioè inizio, parte centrale e finale.
Nello spazio di due tavole, accade sempre un fatto completo, mai interrotto a metà (salvo per ottenere i "cliffhanger" tra un episodio e l'altro che, con il montaggio unitario della storia diventano eccellenti esempi di "voltapagina") o incompleto. Non ci sono mai salti incomprensibili nella logicità del racconto.
Si può solo che imparare da lavori del genere, soprattutto se, come me, si è alle prime armi e ci si confronta per le prime volte con le difficoltà connesse alla professione.
Questo è, d'altronde, uno dei lati piacevoli: anche mentre leggiamo Hellboy, stiamo lavorando, anzi, stiamo studiando. Francamente, al liceo, avrei pagato per poter studiare Hellboy tutto il giorno.
Saluti a tutti!

martedì 16 giugno 2009

La Gallia in una tavola.

I Galli.
Personalmente sono sempre rimasto colpito dalla fiera lotta di questo popolo destinato a soccombere sotto l'inarrestabile assalto delle legioni romane. Le mie simpatie sono sempre andate a Vercingetorige, lo sconfitto.
Leggendo il De Bello Gallico, si ha quasi l'impressione che Cesare parli di un caro amico: i Galli di cui ci narra non sono barbari rozzi e ignoranti, non sono "alieni" (nel senso di estranei, diversi) da temere, ma semplicemente uomini con diverse tradizioni. Il loro valore in battaglia è riconosciuto e glorificato.

Questo è il nodo centrale di tutta l'opera: più valoroso è il nemico, più valore acquista la vittoria.

Quando Sergio Badino mi propose la collaborazione con Mono, per l'uscita del numero 6, ero un po'incerto: l'argomento era i classici della letteratura, un argomento così vasto da disorientare.
Che cosa potrei fare? Chiesi.
Sergio mi diede alcuni esempi, che ricoprivano uno spettro piuttosto ampio. Tra questi, ecco saltar fuori il nome di Cesare. In seguito mi sono messo a pensare sulle opere che mi sarebbe piaciuto ridurre a una singola tavola. Dante, Verne, Dickens... Ho fatto un pensierino (e qualcosa di più) sul Conan di Howard.
Ma ormai Cesare aveva messo radici e mi rendevo conto che, mentre pensavo ai più disparati titoli, già lavoravo inconsciamente su come mettere il De Bello in vignette. Non ci potevo fare nulla: gli studi classici sono una mia passione e Cesare era uno dei miei autori preferiti, in parte (quando la mia conoscenza della lingua doveva essere valutata) per la sua semplicità, in parte per gli argomenti trattati.
Così, alla fine, la scelta è stata fatta.

Ma queste sono dietrologie un po'romantiche. Vorrei parlare anche di fatti.

Tentare di riassumere i numerosi episodi del De Bello Gallico, o anche a uno solo, avrebbe richiesto uno spazio assai maggiore di una singola tavola.
Inizialmente pensavo all'assedio di Alesia, ma ho dovuto scartare l'idea: come avrei fatto, pensavo, a rendere giustizia all'intero episodio in una sola tavola? Le opere d'assedio da sole non avrebbero meritato nulla di meno di una panoramica. Decisamente troppo ingombranti per lo spazio a disposizione.
Forse mi sono fatto imprigionare dalla mia passione per l'argomento e dal mio percorso formativo, ma proprio non riuscivo a trovare un singolo episodio che fosse indicativo di tutta l'opera e che, contemporaneamente, fosse riassumibile in una sola tavola.

Per cui l'unica scelta praticabile, per un principiante come me, era limitarsi a un concetto espresso dall'opera. Qui si torna a quanto dicevo prima: benché di indubbio valore storico e culturale, lo scopo principale di Cesare è esaltare sé stesso attraverso il suo nemico, perciò ecco che, nella tavola a mia disposizione, mi sono concentrato soltanto su questo.
Non troverete riferimenti storici esatti. Vi è una battaglia, nella tavola, ma si tratta di una battaglia generica. Se volete che sia l'assedio di Alesia, può esserlo.

Forse, inconsciamente, ho identificato io stesso quella battaglia con quella di Alesia, dato che il protagonista l'ho chiamato Vercingetorige (ma noterete che è "per comodità", cioè ha un nome per non doversi riferire a lui come al "Gallo di vignetta 2", che suona freddo ed è scomodo per il disegnatore). Del resto l'ho detto: ho sempre parteggiato per lui.

Qui potrete trovare la sceneggiatura della tavola.



La vignetta della battaglia "incriminata"

Dei disegni si è occupato Emilio Lecce, che, con il suo tratto duro ed efficace, ha trasmesso molto bene la crudezza che volevo far trasparire. La visione di Cesare, se si analizza bene il De Bello Gallico, è infatti cinica e crudele all'inverosimile: veniamo messi di fronte a un'operazione degna dell'Infernal Quinlan, in cui Cesare offre una visione che sembra equa e onesta, ma che in realtà lui utilizza unicamente ai propri fini, non perché realmente volesse rendere giustizia ai Galli sconfitti.

Un ringraziamento finale va a Lorenzo, che ospita gentilmente sul proprio spazio web la pagina di sceneggiatura.

lunedì 15 giugno 2009

Manutenzione

Curriculum attualmente in forma ridotta in attesa di aggiornamenti.

domenica 14 giugno 2009

Vi presento un amico... anzi due!


"Tra il tempo in cui Atlante ebbe un'ernia al disco e l'invenzione della sedia a dondolo, vi fu un'era di maghi ed eroi, di orribili segreti, crudeli tiranni e astuti eroi. E in mezzo a tutto questo, Krottle! Destinato a fare un grande casino..."

Beh, per chi conosce i lavori di Robert E. Howard, questa è una parodia abbastanza ovvia delle righe che aprono "The Phoenix on the Sword", il racconto che diede i natali "editoriali" al celeberrimo Conan.

Con questo che voglio fare? Semplice, vi vorrei introdurre "Krottle il Barbaro", che è un progetto a cui ho lavorato a lungo e a cui tengo moltissimo, si parla di albi a fumetto, sebbene al momento le possibilità di una pubblicazione siano basse.
Chi è Krottle?
Diciamo che è bisnipote di Conan e cugino non tanto alla lontana di tutti gli erculei forzuti che da allora la letteratura Fantasy ci ha propinato. La scena di solito è questa: la fanciulla si trova in pericolo, in cima a una torre o nel più buio meandro di un sotterraneo, ma non importa. Non importa quante guardie ci siano nei paraggi, non importa quanto dure o bene armate. Non importa quanti demoni, draghi o simili creature malefiche stiano per divorare la nostra bella indifesa (solitamente svenuta di fronte a tanto orrore).
Non importa, perché ci sarà sempre qualche nerboruto eroe con annessa spada che giungerà a salvarla, dopo essersi fatto largo fra le orde nemiche in un'orgia di violenza inaudita (almeno per le prime due o tremila volte!). Alla fine il destino del malvagio stregone è di soccombere, mentre quello della bella fanciulla di gettarsi, grata, fra le braccia dell'eroe, ferito ma vittorioso.

Di questi eroi, Krottle è il tipico esemplare: è un ragazzone grande e grosso, un barbaro che fa affidamento sui muscoli per risolvere i suoi problemi, non tanto sveglio, pronto ad accorrere al grido di una fanciulla in pericolo. Peccato che nel suo mondo le fanciulle in pericolo siano praticamente estinte: in parte per gli ovvi "rischi del mestiere" di essere, appunto, fanciulle in pericolo, in parte perché la letteratura Fantasy ci ha regalato almeno tante eroine quanti musclosi guerrieri.
La domanda è questa: che cosa farebbe il tipico eroe muscoloso e possente, se la fanciulla in pericolo fosse in grado di salvarsi da sé? Krottle si troverà, ahilui, a fare i conti con la risposta.



Krottle, in tutto il suo erculeo splendore

Krottle è un eroe, anzi, un Eroe. Non ha lavoro, ma questo non cambia il suo status.
E gli antieroi?
Tranquilli, ne abbiamo uno: ve lo avevo detto, del resto, che vi avrei presentato due amici.

Questo secondo amico è Flogisto, antieroe patentato, fiero rappresentate di un'altra categoria fra i protagonisti di avventure tra orchi e folletti: quelli riluttanti. Mentre per Krottle l'avventura è un richiamo irresistibile, Flogisto vorrebbe una vita tranquilla e pacifica. Del resto lui è un albino, fisicamente piuttosto scarso. Se c'è da difendersi, può far ricorso alla Negromanzia, ma preferisce starsene buono e tranquillo davanti a un fuoco. Viaggia assieme a Krottle perché... beh, questo ve lo spiegherò un'altra volta!
Basta conoscere un minimo di letteratura Fantasy per rendersi conto che anche Flogisto è imparentato con un eroe (anzi, antieroe, ovviamente) non da poco: l'Elric di Moorcock. Chiariamo però sin da subito: Flogisto non è un principe maledetto della sua razza, è solo un ragazzo un po'sfigato, impacciato con le donne e, all'occorrenza, può incenerire un uomo con lo sguardo. Letteralmente.



E questo è il buon Flogisto

Perché questi due cliché come protagonisti? Perché il cliché è buffo. Fa sorridere pensare che, per forza, la bella di turno debba concedere le proprie grazie al suo salvatore, quasi sia obbligata da doveri contrattuali. Oppure che debba per forza svenire pavidamente di fronte al minaccioso aggressore. O ancora che, alla fine, debba sempre per forza esserci una trita e ritrita damsell in distress da salvare, perché un eroe possa sentirsi tale.
Infine, ho optato per questi due cliché, perché, messi assieme, fanno, tutto sommato, una bella squadra.

Flogisto, quindi, accompagnerà Krottle nelle sue avventure. Ma a me chi mi accompagna? Non crederete mica che le immagini che corredano questo post siano opera mia!
Non ne sarei mai in grado.
I personaggi sono stati portati alla vita, su carta, dalla matita e dalle chine di Federico Franzò, che si è gettato con passione in questo progetto, sin da quando, in un bar di Piazza dell'Annunziata, incontrandolo per la prima volta (professionalmente parlando), gli chiesi: "Ti faccio subito una domanda: ti piace il Fantasy?"
E lui: "No."

Conto, in futuro, di darvi altre dimostrazioni della bravura con cui ha saputo cogliere i personaggi e l'ambientazione di "Krottle il Barbaro", nonostante il suo "No."

Bene, per ora è tutto. Due eroi a questi saloni vuoti li abbiamo aggiunti.

Per le immagini e i personaggi: Copyright © Panini/Franzò.

martedì 9 giugno 2009

Per prima cosa, un po'di Curriculum...

Dato che sono assolutamente un novizio per quanto riguarda l'arte del bloggaro, probabilmente mi occorrerà del tempo prima di padroneggiare bene lo strumento.
Per ora ho aggiunto il mio CV editoriale e qualche riga perché mi dispiaceva lasciare vuoto il riquadro "informazioni".
Per ora ancora nulla di interessante, quindi.

P.S. Siccome sono una persona talvolta distratta, ho dimenticato di segnalare l'aggiunta dei blog degli amici Davide Costa e Sergio Badino. Potrete trovare i link nell'apposita sezione qui a lato.

lunedì 8 giugno 2009

And this is just the beginning... Or so they say.

Primo post (inutile, ma doveroso) del mio blog.
Un benvenuto a tutti i lettori presenti e futuri.
Che cosa troverete qui dentro? Io sono uno sceneggiatore di fumetti (molto) agli esordi, pertanto userò questo spazio per parlare della mia professione in generale. Cose di cui mi piacerebbe discutere, storie, sceneggiature da commentare e via dicendo, ma anche, se capita, curiosità varie. Non ho ancora un programma preciso: vedremo nel tempo come verrà fuori questa cosa.
Parlando di me: attualmente lavoro per conto della Walt Disney Company e ho pubblicato storie per i periodici "I Pirati dei Caraibi" e "Cars" (testata, quest'ultima, con la quale tutt'ora collaboro), entrambi destinati all'infanzia.
Sono attualmente al lavoro su alcune sceneggiature per "Topolino", ma, siccome sono ancora "in fieri", mi tocca rimandare l'argomento. Restate sintonizzati!
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