Nel lavoro, è lo stesso: preferisco far schifo con le mie forze, piuttosto che farmi bello con qualche scorciatoia.
Naturalmente, questo mio pensiero non è condiviso da tutti.
Prendiamo, per esempio, quello che sta capitando in questi giorni a Shia LaBoeuf, accusato di aver plagiato un fumetto indipendente nel suo ultimo cortometraggio.
Accuse peraltro ben difficili da respingere, dato che i dialoghi, per esempio, sono presi parola per parola. Le situazioni sono le stesse. I nomi no, quelli li ha cambiati.
Del resto, questo è il picco della carriera di LaBoeuf.
O lo sarebbe stato, se avessero fatto un film di Indiana Jones in cui Shia LaBoeuf fosse il figlio di Indy.
Su Twitter, la baby-star si giustifica (copincollo):
"Copying isn't particularly creative work. Being inspired by someone else's idea to produce something new and different IS creative work."
Traduco: "Copiare non è un lavoro particolarmente creativo. Essere ispirati dall'idea di qualcun altro per produrre qualcosa di nuovo e differente E' un lavoro creativo."
Frase che è peraltro un insulto bello e buono nei confronti di chi, tutti i giorni, si impegna per vivere del proprio lavoro creativo.
Niente da fare, si sta ancora come fra i banchi di liceo. Finché la prof non ti becca, vivi di rendita anche se sei privo di qualsivoglia talento. Quando ti becca, inventi una scusa fuori dal mondo, fai finta che ti dispiaccia (o no, a seconda) e ricominci. La prossima volta, li nasconderai meglio, tipo come faceva Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz.
Tutti pensavamo che Indy stesse minacciando di suicidarsi per impedire a Mola Ram di realizzare i suoi folli piani.
Invece, gli avevano appena detto che Lucas e Spielberg avevano intenzione di fare il quarto Indiana Jones con le marmotte, gli alieni e Shia LaBoeuf.