giovedì 28 febbraio 2013

[Scene Preferite] - Terminator - 1984



Questa scena è una delle mie preferite, non del film in questione (Terminator - 1984 - Regia di James Cameron - Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton, Michael Biehn - Misica di Brad Fiedel), bensì nell'assoluto dei film che ho visto.
La suspense è gestita magistralmente, grazie allo slow motion (che di solito non apprezzo) e alla colonna sonora. E c'è il momento bellissimo in cui l'ago della bilancia è in perfetto equilibrio: lui passa, mentre lei si abbassa per un caso fortuito, l'immagine è lenta, la musica spasmodica. Tutto, in quel momento, è un perfetto incastro di avvenimenti sequenziali. Non credo si possa fare a meno di essere in tensione.
Storytelling at its best.

mercoledì 20 febbraio 2013

The Confession - John Grisham

Non farò spoiler, questa volta.
Ultimamente, mi sto impegnando a leggere testi contemporanei in lingua inglese, a prescindere dal genere, ed è così che questo romanzo è finito fra le mie mani. Ci sono anche altri motivi, ma al momento non importano.
Quello che importa è che questo romanzo mi ha colpito, per più di un motivo.
Un buon ritmo, che ti butta subito nella vicenda e ti accompagna per quasi tutto lo svolgimento, eccetto che nel finale, eccessivamente trascinato nei suoi intenti chiarificatori.
Una storia interessante, anche se non certo nuova: Donté Drumm è uno dei tanti condannati a morte in Texas. Nero, accusato d'aver stuprato e quindi assassinato una ragazza bianca, dopo nove anni nel braccio della morte, nove anni di appelli, ricorsi e battaglie legali, è giunto al capolinea. A quattro giorni dalla data dell'esecuzione, un pastore luterano in Kansas riceve la visita di un ex carcerato libero su parola, che afferma l'innocenza di Donté. Comincia così una corsa contro il tempo per accertare la verità, mentre, nella piccola cittadina dove si è consumato il delitto, le tensioni razziali aumentano.


Ma non sono questi i motivi principali per cui questo romanzo ha catturato la mia attenzione. The Confession offre un'immagine fin troppo realistica di quali tragedie possano essere innescate da un sistema giuridico capace di condannare a morte una persona su basi talmente illegittime da rasentare l'assurdo.
Manca il corpo della vittima. La confessione è stata estorta dai detective in quindici ore di interrogatorio illegale. Il processo è una farsa inscenata da un giudice e un procuratore distrettuale impegolati in una relazione.
Una serie di circostanze sfavorevoli si abbatte su Donté, ragazzo che, a causa del colore della sua pelle, è, nello stato del Texas, il colpevole ideale per l'omicidio (presunto) di una ragazza bianca. A questo, si aggiunge il fattore politico: chi ha manipolato il caso non può ammettere di averlo fatto senza mandare all'aria la propria carriera, il procuratore punta su questo caso per spingere ulteriormente la propria carriera, il governatore, in odore di elezioni, deve rafforzare la propria immagine di inflessibile difensore della pena capitale, sostenuta dalla maggior parte dei Texani.

Un'altra cosa che mi ha favorevolmente colpito è come l'autore si riveli capace di vedere in maniera equilibrata entrambe le famiglie: quella della vittima e quella del condannato. Da una parte, abbiamo una madre che da nove anni spera di ottenere vendetta sull'assassino di sua figlia e che, nella sua battaglia, rimane intrappolata nel ruolo di mamma-celebrità, al punto di risultarne drogata, come una tossicodipendente.
Dall'altra, la famiglia di Donté, distrutta da una tragedia ingiusta, che da nove anni la separa da un figlio virtualmente morto, praticamente sepolto vivo in una cella del braccio della morte, dove la solitudine esige il proprio prezzo sul suo equilibrio mentale e fisico.

Questo romanzo è, nel suo complesso, una visione cruda e senza fronzoli di un sistema giudiziario che ha i suoi sostenitori e i suoi detrattori, in grado, a mio avviso, di far riflettere sia gli uni che gli altri.

Per chi fosse interessato, il titolo della versione italiana è Io Confesso.

lunedì 11 febbraio 2013

Bad Boys 2

Mi è capitato recentemente di vedere questo film.
Nonostante il mio personale disprezzo per Michael Bay, devo dire che questo è tra i suoi film migliori. Perché, nonostante sia troppo lungo, abbia troppi momenti stop-motion, bullet-time e cazzi vari, nonostante abbia una enorme sequenza finale orrenda e orrendamente noiosa, nonostante ci siano ventimila delle solite inquadrature di militari in silhouette contro il tramonto che non servono a un bel nulla, questo film ha dei meriti.
Abbiamo un paio di scene d'azione veramente ben curate, di cui quella dell'inseguimento in autostrada con i cattivi che lanciano le macchine contro gli inseguitori è davvero illuminata.
C'è una stupenda alchimia comica tra i due protagonisti, che duettano molto bene, pur rimanendo nel classico schema "io non piaccio a te, tu non piaci a me" dei buddy movies da quarant'anni a questa parte.

Flying cars and shit.

Insomma, nonostante la lunghezza, si fa ben godere.

Ma c'è una cosa che mi ha colpito. Una frase che io giudico essere stata concepita direttamente durante una visione mistica del Paradiso delle frasi dei film action. Da sola, fa capire che, nel bene e nel male, chi ha scritto questo film sa il fatto suo.

Siamo a tre quarti di film, abbiamo già visto ogni genere di esplosioni, sparatorie, morti ammazzati e, come abbiamo detto, macchine lanciate da un tir lanciato a folle velocità in autostrada. I cattivi, messi alle strette, fuggono, non senza prima aver rapito la sorella di uno dei protagonisti, nonché tipa dell'altro.
Apprendiamo la notizia.
Martin Lawrence (il fratello) mette giù il telefono, sconvolto, e dice: "Shit just got real." (più o meno: "Ora si fa sul serio.").
Brillante.
La promessa fattaci da queste quattro parole del cazzo è allucinante: hai già visto dozzine di sparatorie, sei sazio di azione fino a scoppiare, ma quello che hai visto finora non è nulla a confronto di quello che sto per farti vedere. Shit just got real. Significa che finora, tu hai visto solo la shit finta, quella per scherzo, i giochi da ragazzi.


L'appassionato di film d'azione, a questo punto, entra in fibrillazione e non può essere altrimenti.
La parte finale, poi, non mantiene la promessa: è, grazie all'inispienza registica di Michael Bay, una brutta copia delle migliaia di scene di assalto alla villa del cattivo, imbottita di militari cubani.
Però, bene o male, se la reggi, è anche perché c'è stata quella promessa: è lei a portarti avanti, facendoti chiedere "Quand'è che 'sta shit diventa real? eh? Ora? No. Ora? Nemmeno. Ma prima o poi..."
Morale della favola: se sei un regista di merda, prega che almeno i tuoi screenwriter abbiano i controcoglioni.

lunedì 4 febbraio 2013

Essere personaggi secondari in un film horror - parte seconda

A quasi un anno dal post originale, faccio una piccola postilla sul comportamento da tenere, nel caso tu scopra di essere una comparsa in un film horror.

Chi di voi ricorda Alien? 1979, Ridley Scott prende lo schema de "Lo Squalo" e lo catapulta nello spazio, con un sacco di allusioni a organi e pratiche sessuali. Il risultato divenne un cult di genere.


Morale della favola: se siete voi la comparsa, si fotta lo stramaledetto gatto.
free counters