venerdì 25 aprile 2014

Del 25 Aprile e del perché siamo stati fortunati.

E' presto detto.
Per tanti, oggi, 25 Aprile è solo una data in cui si fa festa.
Per la maggior parte di questi, si fa festa perché è il giorno della liberazione d'Italia.
Ma, al di là di questo, tanti, troppi, non sanno. La Seconda Guerra Mondiale comincia a essere una pagina sempre più remota della storia mondiale. Aggiungiamo che, qui in Italia, la Storia, così come insegnata nelle scuole, già da almenoventicinque anni si ferma con il '48. Milleottocentoquarantotto.
Prima e Seconda Guerra Mondiale vengono menzionate in fretta e furia, schiacciate negli ultimi, disattenti, giorni di scuola, in cui la mente di studenti e insegnanti è già rivolta alle vacanze.

Ma noi siamo stati fortunati e intendo dire storicamente fortunati, perché i nostri nonni hanno vissuto la Grande Guerra in prima persona. Ce l'hanno raccontata, così come l'hanno vissuta. Ai nostri occhi, quegli eventi sono veri. Sono accaduti. I bombardamenti, la paura, la borsa nera, i rastrellamenti, gli sfollati. Li abbiamo vissuti attraverso le esperienze dei nostri nonni.
E' un dato anagrafico innegabile che, lentamente, queste testimonianze dirette debbano sparire.

C'è una lapide, in una piazza vicino a dove vivo. E' una cosa di marmo con lettere di piombo. Vecchia, sporca, maltenuta, annerita dallo smog. Alcune lettere sono cadute e mai sostituite. Si trova al centro di un'aiuola ormai priva d'erba, piena di rifiuti, ombreggiata da pochi alberi anche loro anneriti e debilitati dallo smog cittadino.
E' una lapide alla memoria dei partigiani caduti durante la lotta della Resistenza.
Da piccolo, mi fermavo a leggere i nomi. Pensavo ai partigiani, perché il secondo marito di mia nonna era stato un partigiano, di ritorno dalla disastrosa spedizione russa.
Pensavo alla Grande Guerra, perché entrambe le mie nonne me ne avevano parlato spesso. Mi avevano fatto capire che cosa volesse dire muoversi con il costante pericolo delle bombe, doversi accalcare in un rifugio sotterraneo mentre gli aerei da guerra sorvolavano il cielo della città, disseminando il loro carico di morte.

Ancora oggi, a Genova, esistono palazzi diroccati, distrutti dalle bombe e mai più ricostruiti. Sono cadaveri di un tempo che deve essere ricordato, a tutti i costi. Ma nessuno ci fa più caso, perché i nonni che raccontavano quelle storie stanno passando, uno alla volta. Come ho detto, è un fattore anagrafico. Non possiamo farci nulla.

Quello che possiamo e dobbiamo fare è impegnarci a fondo per trasmettere quei racconti, quelle esperienze. Ed è ancora più importante farlo in questo mondo, dove le immagini di guerre e atrocità entrano quotidianamente in casa nostra, tanto da non farci nemmeno più passare la voglia di mangiare.
Dobbiamo farlo, perché da tutti i lati stanno tornando idee pericolose. Ideologie distorte.
Dobbiamo farlo, perché c'è chi comincia a dire che l'Olocausto non c'è mai stato.
Che è una favola.
Una menzogna.
Dobbiamo farlo, perché dobbiamo ricordare. Ci piacerebbe dimenticare, ma non possiamo permettercelo. E' un debito che abbiamo nei confronti delle generazioni future: ricordare. Ricordare, perché un domani, possiamo starne certi, qualcuno ci chiederà o, peggio, chiederà ai nostri figli, di impugnare le armi.
Ci proporranno una causa giusta.
O forse ci abbaglieranno con discorsi bugiardi.
E noi dovremo ricordare. I nostri figli dovranno ricordare.
Perché è il ricordo il mezzo più potente per vedere attraverso le bugie di chi sta al potere.

25 Aprile non deve significare solo la Liberazione d'Italia nell'occasione dell'anno 1945. Non è per questo che i partigiani hanno combattuto e sono morti. Il loro sacrificio non è stato fatto unicamente per l'iberare l'Italia in quel momento.
25 Aprile deve significare la Liberazione da tutte le guerre.


Noi siamo stati fortunati perché siamo nati dopo quegli anni, ma in tempo per ascoltarne il racconto.
I nostri figli saranno altrettanto fortunati?

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