SPOILER ALERT
Se non volete avere dettagli sul romanzo in questione, non proseguite la lettura.
La copertina del romanzo
La trama, in breve: la civiltà dei Drenai (blandamente basata su quella romana) è giunta al suo tramonto, dopo i secoli di gloria. Proprio in questo momento di debolezza, è però chiamata ad affrontare la minaccia più grande di tutte: l'invasione dei Nadir, popolo barbarico del tutto simile ai Mongoli di Gengis Khan. I Nadir hanno già conquistato tutto, sul loro percorso. Nessuno è in grado di resistere a un'orda di mezzo milione di guerrieri e i Drenai sono destinati a soccombere, senza speranza. Una fortezza con meno di diecimila soldati sfiduciati e un generale inetto sono tutto ciò che si frappone tra i barbari saccheggiatori e la grande nazione dei Drenai. I capi di stato sembrano incapaci di produrre una soluzione diplomatica e l'unica piccola scintilla di speranza sta nel riuscire a far giungere Druss, l'eroe leggendario: solo lui può dare speranza ai guerrieri rimasti. Il conte Delnar, affetto da un cancro allo stadio terminale, deve pertanto dimenticare i dissapori che lo hanno messo in contrasto con l'eroe in passato e mandargli una lettera urgente, con una richiesta d'aiuto.
Abbastanza tipica, come trama. Regno in pericolo, barbari invasori, eroe salvatore della patria.
E qui, il nostro osservatore superficiale, può già ben classificare questo romanzo come l'ennesima porcata fantasy, di quelle che basta, non se ne può più.
Passiamo all'altro osservatore, quello superficiale, ma buon commentatore tecnico. Lo stile è acerbo, grezzo e a tratti goffo. Si ricade in molti degli errori più elementari dei principianti, soprattutto nel finale. Decisamente incomprensibile come sia potuto diventare un classico del genere. La gente, come sempre, non capisce un cazzo.
Notare a questo punto che io sono convinto che la questione del "la gente non capisce un cazzo" sia una chimera. Un prodotto che conosce un grande successo di pubblico ha, nella marea di difetti che l'esterno può vedere, qualcosa che funziona talmente bene da catturare l'attenzione dell'utenza.
Ma torniamo al nostro romanzo. Gemmell, nel corso della sua vita, è diventato un autore di spicco nel panorama fantasy. Ma come è possibile se scrive cose così scadenti come può sembrare a prima vista?
Come al solito, sotto c'è di più.
A Gemmell fu diagnosticato, in quel periodo, un tumore maligno. Per distrarsi, in attesa degli accertamenti, cominciò a scrivere Legend. Il romanzo divenne la sua storia: i Nadir invasori sono la malattia, la fortezza è il corpo malato. Non a caso, infatti, il conte Delnar, comandante della fortezza, è malato di cancro.
Il generale è visto come un grasso burocrate, che della guerra non ne sa nulla. E' il medico, visto attraverso gli occhi del malato: la mia vita è nelle sue mani, ma che ne sa questo di quello che sto passando? Gli uomini sono sfiduciati e disertano.
Ecco che arriva l'eroe, Druss. Druss è la speranza, la voglia di lottare e di non arrendersi. E' un guerriero che non ha mai conosciuto la sconfitta, che ha combattuto centinaia di battaglie e non è mai stato sconfitto. Ma Druss è vecchio, stanco, ha un ginocchio artritico e la schiena a pezzi. Ce la farà a vincere anche questa volta? Che può fare un uomo solo, per quanto eccezionale, contro un'orda tanto potente? In altre parole: il malato ha speranza, ma che può fare la speranza da sola contro il morbo inarrestabile?
Nel corso della battaglia, il comandante militare si riabilita agli occhi delle truppe, fino a diventare il loro vero beniamino, proprio perché all'inizio nessuno nutriva fiducia in lui. Il medico dimostra di sapere il fatto suo e diventa un prezioso alleato nella lotta.
Druss sfida i nemici.
A questo punto, vorrei soffermarmi su due personaggi di questa vicenda: il primo è il protagonista, un giramondo scapestrato che tenta di fuggire di fronte all'avanzata dei Nadir. Non è un eroe, ha paura di morire e di certo non vuole combattere una battaglia disperata. Gli eventi lo trascineranno contro la sua volontà all'interno della fortezza di cui, per matrimonio, diverrà il nuovo conte. Si chiama Regnak, detto "Rek", perché non è audace (he is not reckless).
Lui è il malato, chiuso contro la sua volontà nel corpo morente (la fortezza).
L'altro personaggio è Virae, la donna di cui Rek si innamora, figlia del conte Delnar. Lei è la vita. Quando la battaglia sembrerà perduta, morirà, trafitta da una freccia, per poi resuscitare quando, al di là di ogni speranza, i Nadir invasori verranno respinti.
L'avanzata dei barbari, nella vicenda, rappresenta i vari stadi della malattia. Non a caso, la fortezza è dotata di sei linee di mura: è vero, gli stadi del cordoglio secondo il modello Kübler-Ross sono soltanto cinque, ma il sesto muro rappresenta la morte e i difensori vi si troveranno faccia a faccia, senza più alcuna speranza di vittoria. L'assedio diventa così il progredire di una malattia e le vicende dei difensori ci catturano per il loro realismo e per la potenza dell'immagine di una lotta anche davanti a una sconfitta ineluttabile.
E il realismo, l'umanità dei personaggi, è un altro dei motivi per cui Gemmell è considerato una delle figure più importanti del genere. I Nadir non sono "cattivi". Sono una civiltà in espansione. Il loro capo è un mostro disumano soltanto finché gli conviene strategicamente: usa la paura per ottenere vittorie maggiori in futuro. Allo stesso modo, i Drenai non sono "i buoni", ma semplicemente una civiltà in declino che lotta per sopravvivere. I difensori della fortezza non sono eroi, con la sola eccezione di Druss. Sono uomini, soldati di professione (alcuni), che accettano il loro ruolo con un certo fatalismo. Sono contadini, arruolati con la leva, che pensano alle loro mogli e al raccolto e per i quali la guerra ha poco senso: un padrone vale l'altro. Sono volontari, corsi alle armi dietro alla promessa di una gloria che non esiste.
E Druss? Lui è un mercenario, uno che ha passato la vita a combattere e che conosce bene la guerra. Non ne va fiero e, quando gli viene chiesto perché abbia deciso di diventare un guerriero, risponde "Perché ero troppo debole per fare il contadino". Druss è un duro e ha un rapporto particolare con la Morte: lui considera la guerra un gioco privato tra lui e la "vecchia bastarda". Come abbiamo detto, Druss è la speranza. Cade, ma non viene battuto: muore avvelenato, lentamente, con un'agonia terribile, eppure, persino da morto, il suo fantasma continua a lottare, a tenere i nemici a bada. E' la speranza, nella sua forma più alta.
Alla fine, risultò che Gemmell il cancro non l'aveva. Di conseguenza, la fortezza regge l'assalto dei Nadir, che alla fine dovranno ritirarsi per affrontare un dissidio interno. Questo però non fermò l'autore che, in anni successivi, sfornò una serie di romanzi, tutti caratterizzati da un realismo e un senso di umanità eccezionali.
Le sue storie, a prima vista banali, sono rappresentazioni eccellenti della lotta quotidiana che è il semplice vivere e la tenacia, il coraggio di fronte ad avversità troppo grandi per essere affrontate resta il suo principale elemento caratterizzante. Legend rimarrà l'unica sua opera direttamente riferita alla lotta contro una malattia e, per lo più, lui si concentrerà in seguito sulla natura umana, ma sempre, attraverso il medium fantasy, con una vividità e una potenza che ben gli hanno valso la posizione di prominenza che ha ottenuto.
Pochi dei suoi personaggi muoiono come ci si aspetta e anzi, nelle sue storie, è spesso rimarcato il modo "umano" e poco significativo in cui una vita finisce. Accoltellato in un vicolo, senza motivo. Infarto. Cancro. I suoi personaggi muoiono come persone vere: la morte non per tutti è significativa quanto la vita.
Curiosamente, è proprio questo il modo in cui questo autore se n'è andato: un malessere improvviso e imprevedibile, che lo ha preso nel cuore della notte, mentre lavorava al suo ultimo romanzo.
Druss, ai suoi amici morenti dice sempre la stessa cosa: "Quando vedi la vecchia bastarda, sputale in un occhio".
David Gemmell 1948-2006
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