A 15 anni, se hai tanta fantasia, passione e poca voglia di fare le equazioni di algebra della professoressa fissata, che ti odia perché sa bene che il motivo per cui hai scelto il classico è stato "c'è poca matematica", capita che scrivi un romanzo fantasy di 589 pagine.
E' un paciugo, come solo un quindicenne può scrivere, ma ci sei affezionato e, segretamente, ne vai fiero. Poi ti si frigge l'hard disk che contiene il preziosissimo file. Poco male, hai il disco di back up, perché sei previdente.
Si frigge pure quello in contemporanea e piangi metaforiche lacrime di sangue, tiri giù qualche orda di santi.
Passa il tempo e fai altre cose, maturi (si fa per dire), segui altre strade: in parte quelle che scegli, per lo più quelle che ti vengono imposte.
Finché, a 30 anni, dopo aver conservato, come ogni sognatore che si rispetti, entrambi gli hard disk, mai riformattati, perché non vuoi rischiare di seppellire ulteriormente il contenuto, ti ricordi del tuo romanzo, metti le mani su un adattatore ide, colleghi il tutto al laptop e provi un programma di ripristino dietro l'altro, con ostinazione, fallimento dopo fallimento, finché non trovi l'agognato file.
Sì! Esulti, sapevi che c'era, che era lì, ad attenderti, fedele e impolverato, dopo aver trascorso tutti questi anni su uno scaffale magnetizzato. E' lui, lo riconosci.
Il programma riesce a ripristinarlo e tu, non senza una certa nostalgia, ricordi gli interi pomeriggi e le serate passate a digitare davanti allo schermo, dapprima timidamente, esitando per trovare ogni lettera, poi con sempre maggior confidenza, man mano che la posizione dei tasti ti si imprimeva a fuoco nella mente, ma non te ne accorgevi, perché eri immerso nella creazione di terre in cui luminosi cavalieri combattono creature terrificanti. Ti vengono in mente le ore passate a lezione (sempre algebra), in cui prendevi, sì, appunti, ma non sulle variabili, seno e coseno, bensì su quale avventura avrebbero affrontato i tuoi personaggi, ti scalettavi i prossimi capitoli, ti scrivevi le idee buone, disegnavi gli oggetti per poterli descrivere meglio.
Ricordi che è stato allora che hai pensato per la prima volta, seriamente: però sarebbe bello far questo per vivere... Seee, figurati se succede!
Apri il file.
Non funziona. E' impossibile aprirlo.
Non ne capisci il motivo: altri file simili recuperati assieme a lui si aprono. Il computer riconosce il formato del file. Le dimensioni sono quelle giuste, che ricordi ancora dopo 15 anni.
Cerchi e trovi programmi per riparare i file .pub danneggiati. Niente, non funziona.
Il tuo romanzo è resuscitato morto.
E' una battuta d'arresto, un colpo duro, ma lo accusi con stoicismo: dopo tutti questi anni, ti dici, era impossibile riuscire davvero a recuperarlo. E' stato un bel sogno, ci hai provato.
Però ti ritrovi comunque a rimpiangere di non esser riusciro a rileggere ancora una volta quelle pagine che, dopotutto, per quanto ingenue e flagellate dai più elementari errori di cui uno scrittore può macchiarsi, contengono una parte di te e forse qualcosa di più.
Ed è allora che ti ricordi che c'è un secondo hard disk.
Lo provi, non vuoi ammetterlo nemmeno con te stesso, ma speri, contro ogni ragione, che questa volta sia diverso, che il file sia leggibile. Il secondo disco è molto più esteso del primo e la ricerca dura molto più a lungo, tra orde sconfinate di file e cartelle, vecchi compiti, giochi che hai dimenticato e articoli del giornale scolastico per cui scrivevi, ma, alla fine, eccolo lì. Il file di backup.
Trovi il libro nella sua versione finale, assieme a tutta la famiglia, di cui avevi quasi dimenticato l'esistenza: il seguito, completato per metà, l'idea per altri due romanzi.
Non ha funzionato prima, perché dovrebbe essere diverso ora? Stai usando lo stesso programma, sotto le stesse condizioni.
Ci mette qualche secondo, dopo il doppio clic. Sai che non è un buon segno, quando il pc pensa troppo.
E poi...
Cazzo, questa volta il file era sano: 589 pagine di romanzo becero e insulso recuperate e leggibili, a cui sono dannatamente e ostinatamente affezionato perché, alla fine, tutto è nato da lì.
Oggi sono contento.
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