domenica 3 ottobre 2010

Piccoli esploratori dell'Infinito

Verne fu il primo. Lui immaginò un proiettile sparato da un cannone e, ancora una volta, il suo genio precorreva i tempi, la sua fantasia andava oltre e vedeva ciò che gli altri non riuscivano a vedere.
Vero: i Greci furono i primi a fare il gioco dei puntini e dare forma e nome alle costellazioni e Galileo fu il primo a guardare il cielo con occhio scientifico, riuscendo a capire che non siamo al centro di qualche gigantesco uovo divino, ma abitiamo più che altro nei sobborghi.
Ma fu Verne il primo a dire: "E se potessimo volare fin lassù?"
Nel 1969 Neil Armstrong, con il suo piccolo, gigantesco passo, rispose a quella domanda. Lui e tutti gli uomini della NASA, che in quell'epoca uscivano vincitori dalla celeberrima corsa alla Luna contro il "nemico di sempre" (per citare, inversamente, Marko Ramius da Caccia a Ottobre Rosso).
E chi di noi non ha immaginato, da piccolo, di essere un astronauta?
Cosa farai da grande? L'astronauta!
Standard.

Poi si cresce, si capisce che siamo ancora molto indietro e che, bene o male, i marziani là fuori non ci sono, più che altro c'è lavoro per Giacobbo e chi, come lui, è sempre a caccia di una roccia dalla forma strana.
Si cresce e si capisce che non è mica così facile andare nello spazio, che serve un addestramento da Superman, bisogna studiare duramente, fare calcoli complicatissimi, conoscere la meccanica e una dozzina di altre discipline scientifiche. Insomma, non basta dire "Scotty, teletrasporto!" per trovarsi sul ponte di un'astronave in viaggio verso frontiere inesplorate.
Si cresce e al TG si sente dire che, a causa della crisi, vengono tagliati i fondi alla NASA e che, ancora una volta, i "grandi" ci dicono "Bambini, ora basta giocare!"
E "lo spazio" viene messo nel dimenticatoio, inizi a credere a chi dice che non c'è vita là fuori, che siamo solo noi. Più o meno.
E poi viene fuori che i nostri cari cervelloni col naso all'insù hanno scoperto questo pianetino, dal nome scientifico orrendo di Gliese 581g. Gliese 581 perché è il nome della stella (una nana rossa grande un terzo del nostro caro Sole, distante 20 anni luce da noi) attorno a cui orbita. La lettera "g" identifica il pianeta, distinguendolo dagli altri fratellini del suo sistema.
Il caro "G" ha una particolarità: pare proprio che sia alla distanza giusta dalla sua stella per ospitare le condizioni favorevoli alla vita.
Ed è così che, a 29 anni, ti ritrovi a sognare di astronavi e alieni e mondi inesplorati. E vedi quello che vedeva Verne: l'Universo è la prossima frontiera. Lontanissima, per il momento, perché la nostra conoscenza tecnica non ci consente che di sognare a occhi aperti, ma a me basta questo per entusiasmarmi, non solo in senso professionale.

Ormai l'astronauta non lo voglio più fare o, per essere precisi, ormai so che non sarò un astronauta, ma trovo bello sapere che questo sogno passerà oltre e accompagnerà altri e che, prima o poi, qualcuno lo potrà realizzare.
E quando questo qualcuno, novello esploratore dello spazio, metterà piede su un mondo sconosciuto, sono convinto che sentirà l'applauso di generazioni di sognatori.

Certo, magari in quel momento potrebbe fargli comodo lui...

When in doubt... Pull out Dutch!

... Ma questa è un'altra storia!

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