Oggi mi va di fare il serio.
Sinora ho usato il blog solo per parlare di cose che più o meno mi divertono, in maniera sempre scherzosa. Vi ho parlato di film, cartoni animati, vi ho raccontato e vi racconterò ancora di Krottle, che spero vi diverta. Però oggi no.
Oggi voglio prendere in mano un argomento un po'più serio.
Nel campo dell'editoria è qualcosa contro cui il principiante si imbatte sin troppo di frequente, spesso dietro false promesse e sempre con risultati infausti per lui. Si tratta dell'editoria a pagamento.
Un editore serio e onesto non chiederà mai un compenso da parte dell'autore per pubblicare un lavoro, libro, fumetto, poesia o raccolta di racconti che sia. Mai, in nessun caso e sotto nessuna circostanza.
Se io autore volessi pagare per pubblicare una mia opera, mi rivolgerei privatamente a una tipografia.
Il rapporto tra editore e autore è un rapporto di lavoro puro e semplice. Quando andiamo da un editore a proporre i nostri lavori non stiamo facendo un favore all'editore stesso e lui non fa un favore a noi pubblicando la nostra opera. Entrambi intendiamo guadagnare dalla collaborazione.
Non esiste il discorso di pagare una tassa di pubblicazione, né di acquistare preventivamente un certo numero di copie dell'opera. Si deve pensare a questo come a un lavoro in tutto e per tutto, perché di fatto lo è. Nessuno, andando in ufficio, si aspetterebbe mai di dover contribuire di tasca propria a pagare lo stipendio al principale. E, se anche qualche capo ufficio fosse così folle da avanzare la proposta, gli verrebbe prontamente consigliato un buon ospedale psichiatrico in cui ritirarsi a tempo indeterminato.
Lo stesso discorso vale nel rapporto autore-editore. L'editore fornisce un compenso all'autore per poterne pubblicare l'opera e guadagnarci sopra. Questa è anche una forma di garanzia della qualità delle opere pubblicate: se l'editore sa già di coprire i costi con l'acquisto da parte dell'autore di tot. libri, il suo rischio è pari a zero e può permettersi di pubblicare materiale di scarso valore. Il suo guadagno sarà già garantito.
Se invece l'editore deve mettersi in gioco per vendere abbastanza da coprire i costi, allora starà lui per primo più attento al materiale proposto e, quando deciderà di pubblicarlo, sarà perché crede al valore, e quindi alla commerciabilità, dell'opera.
Ora, il professionista queste cose le sa e le evita: lui deve arrivare a fine mese con le bollette e la zuppa calda nel piatto. Non si sognerebbe mai di pagare per la pubblicazione di una propria opera, esattamente come l'operaio non si sognerebbe mai di pagare il biglietto d'ingresso al cantiere in cui lavora.
Purtroppo i principianti spesso queste cose non le sanno, oppure ritengono che sia uno scambio equo accettare di pagare pur di vedere pubblicata la propria opera. Non lo è, anzi, è assolutamente inaccettabile: è una fregatura (doppia, perché legalmente non sarà nemmeno una truffa) nei confronti dell'autore, perché solo lui alla fine potrà rimetterci (cosa che avverrà quasi certamente).
Attenzione!
Attenzione a cosa? A quello che firmate: occhio che nessuna clausola di contratto includa l'acquisto del materiale stampato, anche solo in parte. A volte chiedono l'acquisto del materiale rimasto invenduto. Attenzione a non finire a dover versare improbabili tasse per veder pubblicato il vostro lavoro. Attenzione, insomma, a dove mettete la vostra firma, perché, una volta messo tutto nero su bianco, sarete obbligati a ottemperare.
Inoltre una simile manovra non è garanzia di qualità della vostra opera: come si è già detto, il rischio dell'editore è pari a zero, perché gli avrete già coperto voi i costi di produzione e tutto il resto per lui è guadagno, mentre voi dovrete coprire per prima cosa le vostre perdite e sarete fortunati (molto fortunati) a chiudere in pari. Se l'editore non rischia nulla, non gli interessa che l'opera sia anche di buona qualità.
Perché? Perché, come detto sopra, ed è un concetto che tutti i principianti (me compreso) devono fissarsi bene in testa, si tratta di un rapporto di lavoro. Ci può anche essere una parte di aspetto più romantico, cioè l'editore si "innamora" dell'opera e si adopera con tutto sé stesso per vederla pubblicata.
Ma questo accade di rado: l'editore è un professionista e come tale guarda con occhio professionale alle opere che pubblica. Se pubblica un'opera è perché in essa vede una possibilità commerciale, un guadagno per sé. Ed è così che deve essere, anche per tutelare la qualità, a vantaggio sia dell'autore (che riceve fama da un'opera meritevole), sia del lettore.
Il consiglio che mi è sempre stato dato e che sento dare ai principianti come me è di essere pazienti. Essere un autore di professione significa mettersi costantemente in gioco, il che comporta inevitabilmente l'andare incontro a rifiuti e fallimenti.
Non conta il non fallire mai.
Conta il rialzarsi dopo ogni fallimento, conta la crescita dopo ogni rifiuto.
Accettare di pagare per vedere pubblicato il proprio lavoro può sembrare accettabile. Si è lavorato tanto, magari, su un romanzo, sicuramente mesi, probabilmente anni, e un rifiuto può far male. Ma da quel rifiuto si può crescere: il prossimo lavoro sarà migliore, se si avrà l'umiltà di riconoscere il proprio status "acerbo". La pubblicazione per merito implica un costante miglioramento per essere ottenuta. Essere pubblicati perché si è pagato per ottenere il privilegio, non richiede nessuno sforzo, non produce nessun miglioramento.
In conclusione: attenti sempre a che tipo di contratto vi viene offerto. Se tra gli obblighi è prevista una qualche forma di pagamento da parte vostra, una "tutela" per l'editore, l'acquisto di tutte le copie (o di parte di esse) e via discorrendo, la soluzione è una e una soltanto: ci si alza, si saluta cortesemente e si imbocca la porta, perché avremo perso soltanto tempo. Il nostro lavoro merita di finire in ben altre mani.
Qui potete trovare un analogo articolo, scritto più di un anno fa, direttamente dal blog dell'amico e collega Sergio Badino. Grazie Sergio della segnalazione!
5 commenti:
belin, ottimo post
Grazie mille. Penso sia un argomento importante, di cui valga la pena discutere.
mi hai fatto venire in mente che ne avevo parlato circa un anno e mezzo fa qui:
http://blog.komix.it/professionesceneggiatore/2008/06/10/ah-leditoria-italiana/
buon 2010!
Aggiunto il link diretto all'articolo. Grazie Sergio! Buon anon pure a te!
Bravo Lele. Hai dimostrato di saper fare il SERIO perché sei una persona (e, ti auguro, un professionista) SERIO.
Mirko
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