Quando si parla di opere letterarie del genere fantasy, la prima a venire in mente è probabilmente quella di Tolkien, che ha goduto di una diffusione di massa così impressionante, da diventare un movimento di cultura popolare e ispirare non una, ma due trilogie cinematografiche dal budget impressionante.
Come è naturale, quando si parla di storie così ingranate nella mentalità comune, anche Tolkien è stato soggetto a molte incomprensioni, da chi, anche illustre nell'ambito della narrativa fantasy, lo
addita come cripto-fascista, a chi lo accusa apertamente di essere filonazista. Entrambe le supposizioni sono errate ed entrambe dovute a una lettura superficiale delle sue opere, o a giudizi basati sul sentito dire. Sicuramente, un giorno o l'altro affronterò più in profondità anche questa diatriba, ma per il momento voglio soffermarmi su un'opinione in particolare, cioè che la narrativa di Tolkien sia fondamentalmente maschilista e releghi le donne al ruolo di spettatrici.
Anche questo è dovuto a una lettura superficiale, disattenta o al sentito dire.
Per provarlo, parliamo di due donne nella narrativa tolkeniana, limitandoci al Signore degli Anelli: prendiamo, come esempio, Éowyn e Galadriel. Potremmo anche esaminare Il Silmarillion (titolo peraltro errato nella traduzione italiana, dovrebbe essere "I Silmarillion"), che ci regala il personaggio di Lùthien, fra i molti altri personaggi femminili che agiscono direttamente, anziché rimanere sedute in disparte, ma lo faremo forse in un altro episodio di questa rubrica: per il momento, mi è sembrato più efficace concentrarsi sull'opera più conosciuta e più "attaccata", da questo punto di vista.
Per comodità e chiarezza, dividerò questa rubrica in due parti: oggi parleremo di Éowyn, lasciando Galadriel al prossimo episodio.
Beccati un po' di femminismo in faccia!
Come sempre, avremo i nostri tre lettori: il superficiale, quello che vede più in profondità, per fermarsi però a un livello di lettura poco approfondito e, infine, quello che cerca di osservare la narrativa con occhio critico.
Il primo è quello che ha visto i film, ha sentito dire che sono tratti da un libro troppo voluminoso per esser letto. Confonde nomi e luoghi. Per lui, Éowyn è la tipa che ammazza il re dei Nazgul e poi non si vede più. Lui è quello che si annoia a morte nelle parti di Frodo e Sam e che aspetta solo di vedere le grandi battaglie e le scene d'azione. Dal suo punto di vista, sono solo gli uomini ad agire. La parte riservata alla donna che desidera essere cavaliere è minima e trascurabile.
Nella letteratura fantasy, tutte le donne sono stereotipi, nude, bellissime, fragili e indifese!
Ragionando per sentito dire, si possono dire queste fesserie... (immagine originale di Frank Frazetta)
... Già... l'immaginario fantasy è proprio pieno di donne che non sanno badare a sé stesse.
A questo punto, sto alzando gli occhi al cielo con un'espressione di condiscendente disprezzo (immagine originale Frank Frazetta).
Il secondo lettore concede che sì, Éowyn agisce quel tanto che basta a mascherarsi da uomo e uccidere, con l'aiuto di un maschio, il re dei Nazgul. Ma a parte questo, che fa? Attende suo zio, il re di Rohan, bada alle genti mentre gli uomini vanno alla guerra e, dopo l'atto eroico, si accasa e rinuncia a ciò che l'aveva resa speciale, per mettersi al fianco di un uomo.
Dal suo punto di vista, siamo di fronte al più bieco dei maschilismi: la donna è incapace di agire senza aiuto e, alla fine, accetta il suo ruolo secondario, abbandonando le armi della guerriera.
Sembrerebbe che nulla manchi a questa chiavedi lettura: è tutto chiaro e lampante di fronte ai nostri occhi e, in effetti, queste sono le argomentazioni usate nelle critiche che vogliono attribuire a Tolkien il difetto di essere maschilista.
Ma c'è il nostro terzo lettore: sentiamo che cosa ha da dire in merito.
Punto primo: in che mondo agisce Éowyn? In un mondo fortemente ispirato alla mitologia nordica e inglese, che è, essenzialmente, una cultura maschilista. Questo è il primo grosso fattore da tenere bene a mente: Éowyn vive in una realtà che la vorrebbe relegata al ruolo che le è stato assegnato dagli uomini. E non lo accetta.
Punto secondo: come vede sé stessa Éowyn? Si vede come un animale in gabbia, costretta a una prigionia umiliante dal ruolo impostole dalla società, un ruolo che lei non accetta e, quando Aragorn, che è il "maschio Alfa" della storia, le dice che farebbe bene a stare al suo posto (animato da sentimenti positivi: lui vuole proteggerla, senza rendersi conto che lei non vuole essere protetta, ma proteggersi da sé), lei smonta il suo discorso, mettendo a nudo il maschilismo insito nelle sue parole ricche di buone intenzioni.
Lui sta provando a consolarla: "non sei un animale in gabbia" dice "guarda in quanta stima ti tiene tuo zio, il re, che ti ha messo alla guida delle sue genti."
Lei ribatte: "mi ha relegato lontana dall'azione e io dovrei essere contenta? Non importa che le sbarre siano dorate: resta pur sempreuna gabbia in cui sono stata messa." Éowyn rifiuta il ruolo che le è stato concesso/imposto, proprio in virtù del fatto che non è stata lei a sceglierlo. Lei vorrebbe andare alla guerra, agire in prima persona. Ma, quando lo dice ad Aragorn, lui le risponde: "La guerra è cosa pericolosa per una donna. Se ti hanno relegata qui, è per la tua protezione. E comunque, potrà essere che noi tutti si muoia al fronte e allora verrà il momento in cui dovrai combattere, volente o no."
E, di nuovo, lei ribatte: "Mi stai dicendo di svolgere il ruolo che mi è stato assegnato e che potrò combattere solo quando chi me lo ha assegnato sarà morto."
Teniamo presente che Aragorn è il protagonista di questa parte della narrazione: il fatto che sia un uomo e che, in questo discorso, l'autore stesso lo ponga dalla parte del torto, è chiara indicazione di una consapevolezza della situazione di Éowyn e di che cosa sarebbe giusto.
E, infatti, Éowyn assume l'identità di un uomo, unica maniera che ha per ottenere quello che desidera, in un mondo maschilista. In questo, non è dissimile da Mulan, personaggio additato come pinnacolo della causa femminista. Si traveste e cavalca verso la battaglia per dimostrare che lei vale quanto qualunque altro guerriero. Così facendo, il destino la mette di fronte al re dei Nazgul, che non può essere ucciso da nessun uomo.
Per mimetizzarsi fra gli uomini, Mulan si taglia i capelli, simbolo della femminilità.
Può essere interessante notare come Éowyn, al contrario, mantenga i suoi capelli, celandoli sotto all'elmo. Al momento di rivelare la sua identità, il suo essere donna la fa brillare come una cascata d'oro sul campo di battaglia.
Ma Éowyn non è un uomo. Questo pone lei, donna, in una posizione privilegiata rispetto a chiunque altro sul campo di battaglia: persino Aragorn, il più grande guerriero della storia, perirebbe nel confronto con il re dei Nazgul. Non lei. Perché? Perché è una donna e questo le dà potere. Vi pare un argomento maschilista?
Éowyn affronta il Re Stregone sul campo di battaglia (immagine originale di Angus McBride).
Un uomo armato di mazza che tenta di sopraffare la donna che ha osato indossare abiti maschili.
Vedete la cavalcatura dal collo serpentiforme? Ecco, lei taglia la testa al mostro, privando l'avversario della cavalcatura che gli permetteva di torreggiare su di lei.
Più evidente di così...
Ma il secondo lettore diceva che Éowyn viene aiutata da un maschio. Effettivamente, il primo colpo, quello che le dà modo di infliggere il fendente fatale, è Merry a sferrarlo, ferendo il nemico invincibile. Merry, uno hobbit maschio. Questo toglie forse potere alla storia di Éowyn? No, se si considera un fattore fondamentale dell'epopea di Tolkien: la sua è la storia di come, di fronte ai grandi mali del mondo, siano le persone poste in basso a contribuire in maniera fondamentale al ripristino del buon ordine. Éowyn, dama in una terra di cavalieri, è una di queste persone. Merry, come gli altri hobbit, è rappresentante di quella realtà bucolica e pura, una persona tenuta in poco conto da tutti, ma capace, con la sua semplicità e tenacia, di mutare i grandi eventi. Éowyn non viene aiutata da Merry in quanto "maschio", ma in quanto appartenente al ceto più basso della società, il contadino dai valori semplici e puri che, gettato in eventi più grandi di lui, li plasma in modo inatteso.
E veniamo alla conclusione dell'epopea di Éowyn: ferita, passa la convalescenza in compagnia di Faramir, che è uno dei personaggi più nobili e giusti dell'intera storia e di cui lei si innamora, decidendo di abbandonare le armi e di impiegare il resto dei suoi giorni a far crescere le cose, anziché distruggerle. In pratica, sembrerebbe proprio che lei si stia autorelegando in quel ruolo che la società le impone.
Nella realtà, le cose sono diverse.
In primo luogo: quella di Éowyn è una scelta libera. Non è un'imposizione esterna, ma una sua libera scelta e, quando si ha una scelta, è fondamentale, perché sia libera, che si possa scegliere una qualsiasi delle opzioni a disposizione: se, per mantenere la propria identità, Éowyn fosse obbligata a scegliere la spada, allora non avrebbe scelta e non avrebbe reale potere di influenzare il proprio destino: il suo sarebbe comunque un ruolo impostole dalla società, per antitesi.
No: è importante che Éowyn possa scegliere di abbandonare la spada.
Questo rappresenta forse un ritorno alla vecchia prigione dorata? Nient'affatto.
Per dimostrarlo, dobbiamo considerare due fattori: il primo, è il rapporto tra Éowyn e Faramir. Il secondo e più importante è il valore attribuito da Tolkien alla pace e alla guerra.
Cominciando dal primo punto, è Faramir a innamorarsi subito di Éowyn e a cercarne l'affetto. Non le impone nulla: le offre sé stesso. Sta a lei accettarlo o meno. Ed è lei a scegliere di avere speranza nel futuro, che decide di avere a fianco un uomo che non le imponga nulla, ma che la rispetti per ciò che è e per ciò che vorrà essere, senza riserve. E sappiamo questo perché Faramir è un personaggio che serve essenzialmente per andare contro a tutto ciò che vi è di sbagliato nello status quo della tradizione. Sposando Faramir, Éowyn sposa la libertà di essere chi vuole e non ciò che la società si aspetta da lei.
Secondariamente, dobbiamo considerare che in tutta l'opera di Tolkien permane fortissimo il messaggio dell'orrore della guerra, vista spesso attraverso gli occhi dei piccoli hobbit, che sono i suoi alter ego narrativi: per loro, quindi per lui che la visse in prima persona, la guerra non è mai piacevole o gloriosa, ma sempre spaventosa, pericolosa ed enorme rispetto al singolo.
La scelta di Éowyn non è un rifiuto della propria identità, bensì della propria identità di guerriera: uccidere non è mai un bene, anche quando è inevitabile farlo. Essere generatrice di vita è preferibile. E vale la pena rimarcare che Éowyn non fa questa scelta da una posizione subordinata, ma di indipendenza assoluta: il suo è l'abbandono della morte in favore della vita.
Bene. Abbiamo visto il personaggio sotto tre luci diverse e l'ultima ha preso forse più spazio di quanto non mi aspettassi all'inizio, ma credo fosse necessario per essere esaustivi.
Abbiamo visto come, in un'epoca (siamo negli anni '50) in cui l'uomo aveva ancora un ruolo predominante e incontrastato nella società, in cui la donna poteva giusto fare la casalinga e orrore e vergogna casomai avesse lavorato al posto dell'uomo, Tolkien ci regalava personaggi femminili che rifiutano il ruolo imposto dalla società e si dimostrano in grado di forgiare da sé il proprio destino, senza sfociare nel mito che vuole la donna libera solo se guerriera, a la Red Sonja, per intenderci.
Red Sonja dovrebbe essere un'icona femminista.
Pare uscita da una copertina di playboy (immagine originale di Ed Benes).
Parleremo un'altra volta dello stereotipo di fisico femminile (e maschile) nel fumetto.
Vi saluto e vi rimando al prossimo episodio, in cui parleremo di Galadriel, andando a vedere come anche un personaggio che appare relativamente poco nella vicenda, possa avere un ruolo indipendente da qualunque altra figura.
A poi!